ZEBEDEO SBOCCHI

Sembrava essere solo una normale serata di fine giugno quella dove Livio “Zebedeo” Sbocchi partecipò a una festa di paese a Vicobarone, una frazione del comune di Ziano Piacentino, là nelle eterne colline della Val Tidone

Sbocchi era stato invitato da alcuni amici a passare un fine settimana tra le colline ricche di vigneti di Vicobarone, a respirare aria salubre, lontana mille miglia dalla fuffa che quotidianamente i suoi polmoni inalavano in città.

Inoltre, poiché il luogo era in collina, le serate estive risultavano fresche e senza afa. Tutti questi fattori erano ideali per coloro che cercavano sollievo dal logorio della vita moderna e necessitavano un time out per ricaricare le batterie.

Sbocchi accettò di buon grado l’invito degli amici locali proprio perché bisognoso di staccare la spina dalla frenesia metropolitana.

Ma chi era Livio “Zebedeo” Sbocchi? Era un personaggio controverso poiché apparentemente sembrava una persona tranquilla con un lavoro da impiegato bancario, quando in realtà era un opportunista e carogna, sempre pronto a fregare il debole e ad ossequiare il potente nella speranza di ottenere vantaggi.

Il soprannome “Zebedeo” gli era stato dato da quei suoi pochi amici che aveva e che lo sopportavano perché… beh, perché nonostante cercasse di fregare gli altri spesso finiva per essere lui stesso fregato tanto da risultare agli occhi della gente… un gran coglione.

Arrivò a Vicobarone venerdì pomeriggio e la sera dopo insieme ai suoi amici partecipò a questa festa di paese. Vicobarone è un piccolo paese con meno di 600 anime. Gli abitanti sono per la stragrande maggioranza anziani fattori e artigiani.

 A “Zebedeo” non importava molto il motivo della festa, lui era lì unicamente per mangiare e bere a sbafo e, tenendo presente che nella zona della Val Tidone il cibo ed il vino sono ottimi e le portate abbondanti, sapeva di certo che il suo stomaco non sarebbe rimasto di certo vuoto o deluso.

 C’erano antipasti a base di coppa piacentina, pancetta e salame; primi costituiti da pisarei e tortelli di ricotta e spinaci; per secondo tagliata ai ferri e cinghiale in umido. Come dessert l’immancabile torta sbrisolona. E poi il vino, tanto vino, tantissimo vino. Litri di gutturnio, ortrugo e malvasia inondavano le tavolate.

Sbocchi si vantava di essere un gran bevitore e di reggere l’alcol meglio di chiunque altro. In realtà già al terzo bicchiere era in gaina ma, essendo “Zebedeo”, continuava a tracannare come una spugna.

Più beveva più sparava balle ogni volta sempre più clamorose, peggio delle “bombe di Mosca”. L’alcol, si sa, può fare brutti scherzi; nel caso di “Zebedeo”, come del resto nel caso di migliaia di altre persone, ciò che è inguardabile nella realtà, con l’ebbrezza da vino diventa l’apoteosi della bellezza.

 “Zebedeo”, ormai ubriaco in maniera molesta, tanto da far vergognare i suoi amici di averlo invitato, puntò due donne del luogo per provarci spudoratamente.

Se fosse stato in condizioni sobrie non si sarebbe mai avvicinato a quelle signore perché erano le donne più anziane del paese, rispettivamente di 102 e 106 anni.

“Zebedeo” immerso nelle sue allucinazioni alcoliche, era convinto di avere successo con le due vecchie, che per lui erano due procaci ventenni, dato che non lo scansavano. La realtà era che una era mezza paralitica su una sedia a rotelle, l’altra completamente sorda, per questo non facevano, o non potevano fare nulla, per levarsi quella zecca.

 Nel momento in cui “Zebedeo” stava per baciare con sei metri di lingua la paralitica ecco arrivare il figlio di questa, Giovannino, un energumeno di due metri che nonostante l’età, 80 anni, era l’uomo più forte del paese (si narra che abbia steso con un gancio un cinghiale di due quintali e mezzo) difatti era soprannominato da tutti Giovannino Giuvno (giovane).

Afferrò per la collottola “Zebedeo” e insieme a tutti gli altri compaesani che non ne potevano più di questo straniero di città con eccesso di testosterone lo gonfiarono di botte a turno.

 Non soddisfatti, i locali a colpi di vanga sulle natiche fecero fare a “Zebedeo” il giro del paese tante volte quanti gli anni della madre di Giovannino.

Infine, quando Sbocchi si riprese dalla sbornia e capì chi, o meglio cosa, aveva corteggiato, fu costretto ad essere l’oggetto sessuale delle due mummie che aveva importunato.

Il trauma per lui fu tale che divenne impotente e invecchiò di 60 anni.

Ora Livio “Zebedeo” Sbocchi conduce un’altra vita: fa il mulo da soma nella Val Tidone.

Black Erki

I fatti narrati sono di fantasia, ogni riferimento a fatti o persone realmente esistiti è del tutto casuale

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